Ludwig van Beethoven (1770-1827) è di origini semplici, ma ebbe grande sete di sapere e raffinate letture. Pur vicino temporalmente a Haydn e Mozart, egli se ne distingue molto. La sua infatti è una musica carica di idee, di energia, di voglia di combattere per un avvenire migliore, lacerato fra le esigenze della costruzione razionale della musica e le sua passionalità umana. (vedi mappa)
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Nasce a Bonn, nel 1770. Non fu un vero e proprio fanciullo prodigio, ma presto dimostrò originali attitudini musicali. Si trasferì presto a Vienna, dove però, differentemente da Mozart, non ebbe facili rapporti con Haydn, di cui fu allievo. A Vienna Beethoven si distinse subito come esecutore pianistico, e rimase nella capitale fino alla morte, nel 1827.
Dal 1795 si manifestano in lui i primi sintomi della sordità, che lo renderanno completamente sordo nell’ultimo decennio di vita. La sordità influì pesantemente sul carattere già di per sé scontroso di Beethoven. L’handicap non influì comunque sulla sua produzione e sulla sua fede nei valori positivi di una vita, pur tuttavia costantemente animata da una forte tensione morale.
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Anche se i suoi ideali hanno radici nell’Illuminismo, egli si sentì parte dei fermenti preromantici, dimostrandosi sensibile alla ideologia rivoluzionaria francese, di cui però non condivise mai gli eccessi. Fu un artista che rivendicò sempre con decisione la sua posizione di libertà e di autonomia da signori e mecenati nelle sue scelte artistiche.
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Nelle sue composizioni i tempi veloci si impongono per la potenza delle costruzioni, mentre gli adagi si distinguono per il loro poetico e delicato contenuto. Nella forma sonata abbandona il movimento del minuetto, sostituendolo con un robusto e ritmicamente incisivo scherzo.
Possiamo dividere il processo creativo di Beethoven in tre periodi: il primo che va fino al 1800 e comprende le opere giovanili, ancora legate ai modelli settecenteschi; il secondo che comprende tutte le opere della maturità; il terzo a cui appartengono gli ultimi sei quartetti, le ultime cinque sonate, la Nona Sinfonia e la Missa Solemnis.
Al primo periodo appartengono opere in cui si nota già tendenza a trascurare i residui dello stile galante di corte, che ancora riecheggiavano in alcune opere di Haydn e Mozart. Il suono si fa più imperioso, assumendo anche crudi tratti di rudezza plebea.
Lo schema rimane quello classico della forma sonata, ma ora le contrapposizioni emergono più chiare, con contrasti forti tra un primo tema di carattere più affermativo, e un secondo di natura più sognante. Ricordiamo di questo periodo l’op. 13 delle Sonate per pianoforte, conosciuta universalmente come la Patetica.
Il secondo periodo, primi quindici anni dell'800, è anche quello di sua più intensa creatività, nel quale egli elabora musica che ha innanzitutto radici nella sua stessa esistenza. Egli vi riversa i suoi entusiasmi per le vicende tragiche ed eroiche del suo tempo, la sua capacità di vivere intensamente la natura e la spontaneità dei suoi ideali.
Beethoven riesce così a fare parlare la musica, ora sua testimonianza personale e trasforma lo stesso pubblico in destinatario di un messaggio che va ben oltre il puro intrattenimento musicale. Nel Fidelio, l'unico suo melodramma, si percepiscono chiaramente il suo pensiero sui rapporti umani e i suoi principi morali.
Tra il 1808 e il 1815 Beethoven manifesta nuovi sintomi di cambiamento, spesso contraddittori. La Settima Sinfonia è piena di richiami fantastici, sfrenatezze ritmiche e passaggi interiori meditativi, mentre la successiva Ottava sembra voler ripercorrere con nostalgia le memorie dei tempi meno duri del presente.
Le opere del suo terzo periodo, quelle composte fino al 1827, anno della sua morte, si distinguono per il distacco dalla forma conflittuale della sua forma sonata e per un ritorno a strutture antiche – fughe e variazioni – con melodie più semplici, quasi ingenue, come nel celebre Inno alla Gioia inserito nella sua Nona Sinfonia.
Anche la sua musica da camera è ora meno simmetrica, compatta e anticipa già la successiva sensibilità romantica. Beethoven ha ormai perso i suoi furori utopici, trasformandoli in una sorta di solitario dialogo con se stesso, ma rimane pur sempre un simbolo e un modello assoluto scolpito nella storia musicale di tutta l'umanità.