Nel quadro del romanticismo musicale il melodramma, l'opera teatrale, ha uno sviluppo particolare e una storia separata; si diffonde e prospera soprattutto in Francia e in Italia, dove gli ideali romantici vengono assorbiti più tardi e in modo diverso rispetto all'Inghilterra e alla Germania.
Il melodramma italiano, in particolare, rappresenta gli ideali e la cultura di un ambiente sociale più ampio rispetto a quello della borghesia del Nord Europa, ed è frequentato anche come occasione di incontro, soprattutto dalla piccola borghesia cittadina le cui aspirazioni sono meno “spirituali” e certamente più concrete: l'idea romantica di “libertà” non viene vissuto come spinta interiore, ma come effettiva ricerca di libertà politica.
Tra i più noti compositori italiani di melodrammi della prima metà del XIX secolo vediamo sopra: il primo a sx Gioacchino Rossini (1792-1868, certamente il meno romantico tra i romantici, Gaetano Donizetti (1797-1848) al centro e, a dx, Vincenzo Bellini (1801-1835).
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ASCOLTO: Ouverture del Guglielmo Tell - Allegro Vivace - di Gioacchino Rossini
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ASCOLTO: "Una Furtiva Lacrima" aria da "L'elisir d'amore" di Gaetano Donizetti
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ASCOLTO: "Vien, diletto, e in ciel la luna" da "I Puritani" di Vincenzo Bellini
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A questi va aggiunto il più importante compositore italiano dell'epoca per diversità, mole e qualità della sua produzione, Giuseppe Verdi (1813-1901), un vero e proprio monumento del risorgimento politico della musica italiana nel mondo.
Molti cori tratti dalle opere di Verdi divennero pretesti per manifestazioni pubbliche anti austriache (molto noto è il coro “Va' pensiero” dal Nabucco).
E' ben noto a tutti come il suo stesso cognome diventò un simbolo risorgimentale: W VERDI come Viva Vittorio Emanuele Re Di Italia.
E' così che l'ideale romantico di “libertà” viene vissuto non come un'aspirazione interiore, ma come ricerca di una effettiva libertà politica.
Il melodramma diviene così, specie in Italia, la forma di spettacolo più amata, e non v’è piccola città che non abbia il proprio teatro d’opera.
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Nel melodramma italiano le vicende rappresentate sono spesso a sfondo storico, dove viene esaltata la figura dell'eroe liberatore o del popolo in rivolta contro l'oppressore. Gli stessi ideali trovano conferma in una struttura musicale con una spiccata energia ritmica e una melodia orecchiabile.
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ASCOLTO: "Va' pensiero" (coro) dal "Nabucco" di Giuseppe Verdi
Diversi invece i personaggi della sua trilogia popolare, le tre opere di Verdi - Rigoletto, un buffone di corte gobbo, quasi un emarginato, la Traviata (Violetta), una mantenuta parigina, e Manrico, il Trovatore, il figlio di una zingara - cosiddetta proprio per il carattere coinvolgente e di successo che le opere ebbero e godono tutt'ora.
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ASCOLTO: "Libiam ne' lieti calici" da "La traviata" di Giuseppe Verdi
RICHARD WAGNER: LA RIFORMA DEL MELODRAMMA ROMANTICO
La figura che però meglio interpreta il momento romantico del melodramma nella seconda metà dell'800 è certamente quella del tedesco Richard Wagner (1813-1883), che lavorò per il teatro musicale perché convinto che solo in tale ambito potesse realizzarsi quella che chiamava l'opera d'arte dell'avvenire, cioè l'opera totale.
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Per fare ciò Wagner eliminò ogni discontinuità nel dramma, sia nella forma, superando l'alternanza tra recitativo e aria, sia nella struttura musicale, pervenendo alla concezione della “melodia infinita”, intesa come un flusso melodico ininterrotto.
Parallelamente accentuò gli elementi di continuità con l'adozione dei leitmotive (“motivi conduttori”, temi musicali che caratterizzano un personaggio o un’atmosfera che ritorna per sottolineare l'unità della vicenda), che fanno leva soprattutto su un uso particolare dei suoni e dei timbri dell'orchestra, intesa come protagonista del dramma, e non come semplice accompagnamento.
Per esprimere al meglio tutto ciò, Wagner si fece addirittura costruire un teatro apposito, a Bayreuth, diverso da tutti gli altri: egli fu infatti il primo a nascondere l’orchestra, sistemandola sotto il palcoscenico (nel cosiddetto “golfo mistico”) poiché trovava insopportabile che, accanto a un cantante in abiti antichi, vi fosse un violinista o un direttore d’orchestra in abiti moderni.
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Non solo: Wagner fu il primo a pretendere che in sala, durante l’esecuzione, vi fosse assoluto silenzio. All'epoca infatti nei teatri si andava anche per chiacchierare, incontrare amici e durante la rappresentazione era normale girare tra i palchi, addirittura mangiare.
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ASCOLTO: Ouverture del "Tannhauser" di Richard Wagner
Per Wagner tutto ciò era inconcepibile: il pubblico doveva partecipare, concentrarsi in silenzio. Su queste basi Wagner supera la forma tradizionale del melodramma italiano (costituito da momenti musicali “chiusi”, slegati tra loro), facendo sì che parole, suoni e azioni formassero un'unità indissolubile.
Nel melodramma italiano un rinnovamento analogo, anche se meno radicale di quello wagneriano, viene ancora operato da Giuseppe Verdi nella cosiddetta “seconda fase” della sua produzione, caratterizzata da una maggiore attenzione per il dramma nel suo fluire unitario e per la maggiore cura nel rapporto tra parole e musica.
Le ultime opere di Verdi, Otello e Falstaff, sono decisamente innovative, sia per l'adozione di uno sviluppo melodico continuo, che supera come Wagner la frammentazione dell'opera tradizionale, sia per l'uso più raffinato e coraggioso dell'armonia e dell'orchestra.