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Da quando esistono piattaforme come Spotify o Deezer sembra che il presente sia il massimo per diffondere e ascoltare la musica, visto che qualsiasi cosa è ormai reperibile online.
Sia per gli ascoltatori, che possono navigare in tutta libertà, sia per gli interpreti e per i compositori, che possono raggiungere più facilmente il grande pubblico, lo streaming può essere una manna dal cielo.
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Tutto è cominciato un po’ di anni fa, quando s'è cominciato a scaricare album e film senza nessun freno e senza farci domande sulle conseguenze delle nostre azioni di pirateria culturale. L’idea era quella dello sharing (condivisione), e Napster fu il primo programma grazie al quale si potevano condividere files con il peer-to-peer (nodi paritari).
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Eravamo tutti contenti di poter avere qualsiasi canzone in qualsiasi momento, solo che a un certo punto la questione si è fatta grave, si stava mettendo a rischio tutta l'industria della musica.
Un problema che esigeva la risposta a due domande essenziali. Come possono le case discografiche salvarsi da questa forma di fruizione libera e, di conseguenza, come può vivere un musicista?
Ecco allora nascere Spotify che ha riempito il cuore di produttori e musicisti inventandosi un modo semplice per superare il problema: ha sfruttato la nostra pigrizia.
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Vogliamo tutto e subito, specialmente quella canzone che devo ascoltare per forza mentre faccio jogging o le pulizie di casa. Di solito erano le radio a ricoprire questo ruolo, adesso invece ci pensano le playlist, come ad esempio Peaceful Piano e Afternoon Acoustic, le due più seguite di Spotify.

Questa rivoluzione nel modo in cui ci si approccia alla musica, però, non ha solo trasformato il gesto di accendere la radio nel cliccare sul play verde della piattaforma. Pensiamo per es. a canzoni come Despacito: al di là del suo ritmo caliente, non si può non notare che di quel brano ne siano state publlicate una quantità sospetta di versioni.
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Così facendo Despacito può rientrare in molte più playlist. Ogni lista è poi pensata e realizzata in ogni dettaglio, dal logo al colore, fino a sapere quali brani al suo interno vengono saltati e sarebbe meglio rimuoverli.
Il sistema di analisi di Spotify, PUMA (Playlist Usage Monitoring Analysis), serve per cogliere ogni aspetto commerciale di una canzone.
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In questo modo si dispone di dati utili per legare la pubblicità con la playlist stessa. Se stai ascoltando musica per fare cardio-fitness è probabile che l’inserzione sia quella di un paio di scarpe da ginnastica. La strategia di Spotify è semplice: Turning listeners into customers, trasformare gli ascoltatori in clienti a tutto campo.
Ecco allora che il pagamento dei diritti di una canzone non avviene in base alle volte in cui viene ascoltata, ma in relazione a tutte le altre canzoni di tutti gli altri artisti disponibili in streaming. Così però le etichette indipendenti, slegate dagli accordi tra le major, restano escluse da questo sistema "democratico".

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Certo, il prossimo Ed Sheeran potresti essere tu, basta solo che firmi un contratto che permetta il rilascio di più versioni di una canzone da inserire in tutte le playlist del momento.
La popolarità di artisti e canzoni viene driva molto più dalle scelte di chi vende che da quelle di chi la ascolta. Non stupisce allora che, così come si comprano follower su Instagram, si possano pianificare fenomeni a tavolino, togliendo spazio ad artisti meno compromessi con queste regole di mercato.
Alla fine viene dunque il dubbio è se Spotify non stia per caso, con le sue playlist pilotate, uccidendo la musica. Di certo rimane sempre che l'industria musicale non può e non deve chiudere.
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Troppe persone, dall'artista più virale all'ultima neoassunta, vivono grazie essa che deve giustamente rinnovare le proprie strategie in un mercato in continua evoluzione. ll problema semmai è quello di mantenere in giusto equilibrio la promozione con il sostegno di nuove proposte musicali, quelle economicamente più rischiose.
Si è così ancora davanti a un tema storico, che esiste da quando la musica è l'industria in un settore, quello dell'intrattenimento, assolutamente vitale nelle società d'oggi. Ed è qui che sorge spontanea la già accennata seconda questione sul suo futuro, quella che andiamo a considerare con la domanda posta qui sotto.